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Giuseppe Cantoni

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Giuseppe Cantoni


Finestra  èlta  

Antica pieve 2012 
                                   
E' mi bus ad  cuseina int la cuntreda
e' sufét scur a castùn
la finestra èlta cun la frèda
un s' veid no al ca, no e' via vai d' la trèda:
e' mond e'  rèsta adlà, cun i su sun.

 La faza d' la lôna smangagnéda
la bóta un' ucéda ad pasag,
 a la su ora, travers a la frèda,
ucéda d'intesa,
careza giazéda ch' la fa pu curaġ.

E' raz l' azend la spicira de cadein
e po via via l' arlus tot quel che luta
piò che nun: al tàtar sora l' àsa de camèin,
e' fèr da stir, i litràt mi vidar
de vèč cardanzèin, calzidar,
brochi ad reim... e' tu tulir.

E' zeirca cantùn d'ombra du ch' j' è pirs
i tu sguird, i tu pinsir, i bel ricurd
al pochi parol deti, dolzi e duri
dentar che nid ad trop silenzi, rot
da scricladéz ad triv, vent ad fisuri.
                                                                                                                         
E' pareva parfina ch' i' vles di quèl,
dal volti, cun i su ciul, i triv,
e'me par lamantès d' un mèl,
d' un ché dulurèint de nost avsù, o sol
pr' e' chèld, e' fred, i pis trop griv.

Giuseppe Cantoni


Finestra alta



Il mio buco di cucina nella contrada
soffitto scuro a cassettoni
la finestra  alta con l'inferriata
non si vedon le case, né il via vai sulla strada:
il mondo resta di là, con i suoi suoni.
La faccia della luna ammaccata
getta un'occhiata di passaggio,
a la sua ora, attraverso l'inferriata
occhiata d'intesa,
carezza gelida che fa pur coraggio.
 
Il raggio accende la specchiera del catino
e poi via via riluce tutto quel che dura
più di noi: le cianfusaglie sulla trave del camino,
il ferro da stiro, i ritratti
sui vetri della vecchia credenza, secchi,
brocche di rame... il tuo tagliere.
Penetra angoli d'ombra dove si son  persi
i tuoi sguardi, i tuoi pensieri, i bei ricordi,
le poche parole dette, dolci e dure,
dentro quel nido di troppi silenzi, rotti 
da scricchiolio di travi, vento di fessure.

Sembrava perfino che volessero dir qualcosa,
a volte, coi loro cigolii, le travi,
come per lamentarsi d'un male,
d'un sentore dolente del nostro vissuto, o solo
per il caldo, il freddo, i pesi troppo gravi.
 

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